4. I Diritti di Libertà

INDICE

4.0. Aspetti
4.1. La libertà personale
4.2. La libertà di circolazione
4.3. La libertà di domicilio
4.4. La libertà della corrispondenza
4.5. La libertà di manifestazione del pensiero
4.6. La libertà di riunione
4.7. La libertà di associazione

5. LA LIBERTA' DI MANIFESTAZIONE DEL PENSIERO art.21

Si tratta di un diritto che caratterizza gli ordinamenti di tradizione liberal-democratica e si riconduce alle filosofie politiche razionalistiche del XVII-XIX secolo sulla base del presupposto che non esistono detentori della verità assoluta, per cui ogni verità è parziale e occorre consentire il confronto delle idee perché ogni uomo possa formarsi un'opinione criticamente fondata. Questo diritto è collegato inoltre alla libertà di coscienza e creatività dell'uomo affermatesi nel momento della lotta di affermazione di manifestare liberamente la propria fede religiosa. Tale libertà è garantita nei suoi aspetti sostanziale e formale. Aspetto sostanziale: è la libertà di pensare ed estrinsecare il pensiero stesso; ci sono dei limiti ma solo allo scopo di garantire dei valori costituzionalmente garantiti. Ad esempio il processo in Italia è pubblico, ma non per i minori. Tale libertà comprende anche il diritto al silenzio che consiste nella facoltà di non manifestare il proprio pensiero, salvo gli obblighi di riferire notizie (es. testimonianza in giudizio, obbligo di denuncia) previsti dalle leggi. Aspetto strumentale: libertà di adoperare ogni mezzo adatto a divulgare il proprio o l'altrui pensiero. L'unico limite esplicitamente posto dall'art.21 è quello del buon costume. Volendo dare una definizione di quest'ultimo termine, possiamo dire che occorre far riferimento al comune senso del pudore, mentre non è opportuno fare riferimento alla morale comune perché sarebbe discriminante verso chi ha una morale diversa da quella comune (e si violerebbe l'art.3 Cost.). La morale è più labile ed è interna alla vita di una persona, mentre i limiti del comune senso del pudore sono più oggettivi (alcuni si trovano anche nel cpp) e più distaccati rispetto al discorso della morale (che è troppo collegata all'etica). La Corte Costituzionale, in una sentenza, ha dato un'interpretazione del comune senso del pudore e della pubblica decenza definendola "il naturale riserbo e pudore dal quale vanno circondate le cose del sesso". Il problema si complica quando si tratta di considerare il buon costume come limite alla libertà d'arte ed alla scienza garantite dall'art.33 Cost. L'indirizzo giurisprudenziale oscilla tra un orientamento più tollerante, secondo cui l'arte non è mai oscena, ed uno più moralistico, secondo il quale l'osceno non è mai arte. La legge 21/4/62 n.161 disciplina la rappresentazione in pubblico di opere teatrali e cinematografiche. Per le prime non è prevista la censura, ma solo il nulla osta del Ministero su parere di un'apposita commissione, per l'ammissione alla visione dei minori. Per i film invece opera un preventivo nulla osta del ministero, previo esame di due commissioni, una di primo grado e l'altra per l'eventuale appello, per valutare la possibile offesa al buon costume; una volta superato questo iter, non è escluso che il film possa incorrere nell'azione penale promossa dall'autorità giudiziaria. I limiti impliciti. Si tratta ora di stabilire se, oltre al limite testuale del buon costume, esistano altri limiti ricavabili logicamente dal concetto di libertà di manifestazione del pensiero, questi vengono detti limiti logici o impliciti alla libertà di pensiero. La Corte Costituzionale ha espresso in una sentenza del 1956 che "il concetto di limite è insito nel concetto di diritto" sicché "nell'ambito dell'ordinamento le varie sfere giuridiche devono di necessità limitarsi reciprocamente, perché possano esistere nell'ordinata convivenza civile". La giurisprudenza più attenta al rispetto di queste garanzie ha sottolineato che in ogni caso questi limiti, oltre ad essere previsti dalla legge, devono basarsi su interesse costituzionalmente protetti che si contrappongono logicamente alla libertà di manifestazione del pensiero. I limiti impliciti individuati, soprattutto dalla Corte Costituzionale, vengono raggruppati in due tipologie: 1) limiti che discendono dalla tutela costituzionale di situazioni giuridiche di privati o di gruppi sociali: questi si rifanno ai diritti della personalità che trovano tutela sulla base del principio personalistico presente nella Costituzione. Ad esempio, il diritto di cronaca e di critica a volte si scontrano con alcuni diritti della personalità (es. onore, immagine e privacy) dando origine a reati come la diffamazione e l'ingiuria (di questi risponde il direttore del giornale per omesso controllo, il giornalista e, per i non quotidiani, anche il tipografo). 2) derivano dall'esistenza di interessi, costituzionalmente protetti, di natura pubblicistica. L'ordine pubblico è l'ordine legale su cui poggia la convivenza sociale. La Corte Costituzionale ha ritenuto diversi dalla semplice manifestazione del pensiero atti come: le grida e le manifestazioni sediziose, l'eccitamento al dispregio delle istituzioni, la pubblica apologia di reato diretta e idonea a provocare le violazioni delle leggi penali. Inoltre sono stati riconosciuti come interessi relativi ad una funzione pubblica, costituzionalmente rilevante, i seguenti limiti: esigenze di giustizia, segreto di stato. Contenuti della libertà d'informazione: 1) diritto di informare; 2) diritto di informarsi; 3) diritto di essere informati. L'art. 19 della dichiarazione dei diritti dell'uomo dice: cercare, ricevere e diffondere informazioni. Solo il primo di questi 3 diritti può ritenersi incluso nella "libertà di manifestazione del pensiero con ogni mezzo di diffusione", per gli altri due bisogna ricorrere ai principi che si possono trarre dallo stesso art.21 e ad altre norme costituzionali. 1) Diritto di informare Disciplina della libertà di stampa. L'unico strumento di diffusione del pensiero espressamente considerato dal costituente è la stampa. La disciplina è imperniata su 3 punti: a) divieto assoluto di controlli preventivi a mezzo di autorizzazioni o censure. Si tratta del divieto di qualsiasi forma di controllo preventivo, sia prima che dopo la composizione dello stampato e in ogni caso prima della sua divulgazione. b) possibilità di adottare provvedimenti inibitori (sequestro) per reprimere gli abusi connessi all'esercizio della libertà di stampa e per evitare danni ulteriori, con la duplice garanzia, però, della riserva di legge rinforzata per l'indicazione dei delitti che consentono il sequestro, e dell'intervento dell'autorità giudiziaria (con atto motivato), salvo i casi di urgenza. Il sequestro può essere effettuato solo nei casi in cui la legge sulla stampa lo autorizzi espressamente allo scopo di reprimere gli abusi della libertà di stampa. Al sequestro può provvedere anche la polizia giudiziaria se si verificano due condizioni: l'assoluta urgenza e che non sia possibile il tempestivo intervento dell'autorità giudiziaria. In tale caso la polizia giudiziaria deve farne denuncia immediata all'autorità giudiziaria (e in ogni caso entro 24 ore) la quale ha 24 ore di tempo per dare la convalida. c) buon costume come unico limite espresso. 2) Diritto di informarsi e di essere informati Si tratta del diritto di porre in essere comportamenti idonei ad acquisire conoscenze; il suo fondamento non si trova solo nell'art.21 ma si desume dall'intero sistema costituzionale. Si desume da tutte le libertà che garantiscono una scelta, dalle disposizioni che garantiscono il pieno sviluppo della persona umana, l'uguaglianza, la sovranità popolare e la partecipazione all'organizzazione del paese (artt.1,2,3). Bobbio: le scelte operate dai governanti devono essere conosciute ai governati onde consentire il massimo controllo del potere da parte dei cittadini e realizzare l'ideale della democrazia come potere visibile. Per effetto della democraticità dell'ordinamento (art.1) e dell'imparzialità della pubblica amministrazione (art.97) il potere pubblico deve esercitare la sua attività nel modo più trasparente possibile: in tal senso dispongono ora le leggi n.142 (art.7) e n.241 (art.22) del 1990. Anche la Corte Costituzionale ha riconosciuto rilevanza costituzionale all'interesse generale all'informazione, che in un regime democratico richiede pluralità di fonti e libero accesso alle medesime. Il principio della libertà d'informazione ha trovato espresso riconoscimento negli Statuti Regionali in cui è previsto il dovere della pubblica amministrazione di rendere effettiva l'informazione e quindi fornire risposta a tutte le richieste che provengono dai cittadini. Inoltre questo principio è giuridicamente vigente in Italia ai sensi dell'art.19 della dichiarazione universale dei diritti dell'uomo adottata il 10/12/48 dall'assemblea generale dell'ONU, nel quale si riconosce il diritto di ricercare informazioni servendosi di qualsiasi mezzo, anche oltrepassando le frontiere nazionali. Le fonti d'informazione Nel momento in cui il cittadini esercita il suo diritto d'informazione, entra in rapporto con chi gli fornisce le notizie, vale a dire le fonti d'informazione, di cui ora analizziamo la disciplina. Def.: per fonte d'informazione si intende ogni atto o fatto idoneo a fornire un dato informativo; le fonti si distinguono in dirette e indirette. Fonti dirette: riguardano il caso in cui il soggetto che vuole acquisire la notizia sia presente al fatto che costituisce la notizia stessa (es. assemblee, interviste, conferenze stampa). Fonti indirette: riguardano i casi d'informazione di seconda mano ottenute con la mediazione di un operatore dell'informazione (consultazione di informazioni raccolte da altri soggetti). I presupposti perché l'informazione sia libera sono: accessibilità delle fonti, pluralità delle fonti, controllabilità delle fonti, eccezionalità delle parti segrete, reale funzionalità informativa. La radiotelevisione Vengono individuate quattro fasi nel processo produttivo dell'informazione che porta ad un programma radiotelevisivo: 1) raccolta delle informazioni da parte di soggetti sia pubblici che privati: si tratta di una libertà di fatto in quanto non esiste una precisa normativa che stabilisca il dovere delle autorità di fornire informazioni. Questo crea discriminazione favorendo chi ha maggiori mezzi economici in quanto potrà organizzarsi meglio per una più copiosa raccolta di dati. 2) organizzazione dei soggetti emittenti: si desume da l.14/04/75 n.103 per la RAI e l. 06/08/90 n.223 per le emittenti private. L'ordinamento italiano ha assunto le caratteristiche di un sistema misto in quanto le radio diffusioni nazionali sono state affidate allo Stato, mentre quelle locali sono state lasciate all'iniziativa privata. Questo sistema è soggetto agli indirizzi ed ai controlli dei poteri pubblici: il ministero PP.TT. ha i poteri relativi alla concessione ed autorizzazione degli impianti e delle frequenze e nei confronti dei ripetitori esteri e radioamatori. L'organizzazione della Rai è fissata per legge: opera in regime di concessione ed è una società a capitale interamente pubblico, il cui pacchetto azionario è detenuto dall'IRI. La l.25/06/930 n.206 ha trasformato la composizione del suo consiglio d'amministrazione che ora è formato da 5 membri nominati dai presidenti delle due Camere d'intesa fra loro. 3) disciplina delle trasmissioni: riguarda solo l'emittente pubblica, che deve assicurare obbiettività e imparzialità e che per alcune trasmissioni è soggetta alle direttive della commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei settori radiotelevisivi. 4) controlli sociali sulle emittenti pubbliche e private si realizzano attraverso gli istituti dell'accesso, della rettifica e dell'ingresso agli archivi dei soggetti radiotelevisivi. Il diritto di accesso è riconosciuto alle associazioni politiche, sindacali e culturali e agli altri gruppi di rilevante interesse sociale a cui sono riservate ore di trasmissioni autogestite; i soggetti ammessi devono osservare i principi dell'ordinamento costituzionale nonché quelli della lealtà e della correttezza del dialogo democratico. La rettifica spetta al direttore responsabile in un'apposita e distinta trasmissione. La legge n.223 del 1990 ha disposto la rettifica anche a carico delle emittenti private e istituito il Garante per la radiodiffusione e l'editoria (che sostituisce il garante per l'editoria). La stessa legge ha istituito il Consiglio consultivo degli utenti a tutela del diritto all'informazione degli utenti, che viene leso da trasmissioni non obiettive che strumentalizzano la persona ed i soggetti più deboli. La stampa Analizziamo le quattro fasi del processo di produzione: 1) Raccolta di informazioni: non esiste una normativa generale, c'è solo la legge sull'ordine professionale che definisce la figura del giornalista e istituisce il Consiglio dell'ordine. Le imprese editoriali si avvalgono, per la raccolta di informazioni, di 3 metodi: a) raccolta attraverso corrispondenti diretti in Italia e all'estero; b) raccolta tramite le agenzie di stampa (che vengono assimilate alle imprese editoriali per quanto riguarda gli obblighi di iscrizione) che raccolgono le notizie, le elaborano in forma giornalistica e le distribuiscono ai giornali ad esse abbonati. c) sistema delle veline: esso manca di qualsiasi garanzia in ordine alla responsabilità di chi trasmette le notizie e sulla veridicità. 2) Organizzazione del processo produttivo: legge di Riforma dell'editoria n.416 del 1981 con cui si è dato applicazione al 5° comma dell'art.21. In essa sono previste le seguenti misure: a) esclusione che le imprese editoriali possano essere "spurie" in quanto l'attività editoriale è riservata a persone fisiche che abbiano solo fini editoriali; b) divieto ad enti pubblici e soc. a partec. statale di acquistare nuove partecipazioni in imprese editoriali; c) nullità degli atti idonei a creare posizioni dominanti portando alla concentrazione di testate; d) comunicazione dell'elenco dei soci per ogni impresa editoriale, di pubblicità e agenzia di stampa al Registro nazionale della stampa; e) Deposito dei bilanci presso il servizio editoria della presidenza del consiglio, tali bilanci devono essere redatti secondo un modello prefissato. Il sistema si fonda inoltre su alcuni controlli esercitati dal parlamento e da un Garante che ha sede presso la Presidenza del consiglio ed è preposto ad un apposito ufficio (è scelto fra i presidenti di sezione delle magistrature superiori e gli ex giudici costituzionali e deve riferire alle Commissioni parlamentari). 3)La disciplina delle pubblicazioni è quella prevista dall'art.21 Cost. e dalla normativa generale sulla stampa. La pubblicazione dei periodici è soggetta alla registrazione presso la Cancelleria del tribunale subordinata ad una dichiarazione del proprietario, direttore, vice direttore e alla indicazione della tipografia. Il direttore (che deve essere iscritto all'albo dei giornalisti) è responsabile per omesso controllo o omessa vigilanza sulle pubblicazioni, in solido con gli autori del reato. Il tipografo esercita la sua attività in forza di una licenza di polizia e ha l'obbligo di indicare il luogo di pubblicazione; inoltre deve consegnare copia di ogni pubblicazione alla Prefettura ed alla Procura della Repubblica. 4) Controlli sociali: oltre al diritto di rettifica non è previsto altro controllo. Elaboratori elettronici e banche dati Gli elaboratori elettronici possono condizionare il sistema di informazione sociale. Il loro impiego ha assunto dimensioni tali da costituire un fenomeno rilevante per il diritto pubblico moderno, sia sotto il profilo delle garanzie dei diritti che sotto il profilo organizzativo. Il potere informatico viene analizzato secondo 3 aspetti: la raccolta di informazioni, l'organizzazione delle banche dati ed il controllo. a) Tutela del cittadino da interferenze che una notevole raccolta di dati può determinare. I titolari delle banche dati possono raccogliere informazioni da tute le fonti secondo le regole comuni, infatti non esiste una disciplina apposita, per cui si fa riferimento alla Cost. e alle norme generali. b) Le banche dati pubbliche e private necessitano di una disciplina che possa evitare i monopoli di utilizzazione, prevenire la manipolazione di informazioni, evitare le fughe di informazioni. Attualmente manca una disciplina di carattere generale, a parte la disciplina che prevede l'obbligo per tutti i possessori di archivi magnetici di fare una denuncia annuale alla Prefettura. c) Si può distinguere un accesso generalizzato ed uno limitato: il primo dovrebbe essere garantito ogni volta che non vi ostino sfere riservate, per cui l'interessato dovrebbe avere gli strumenti per conoscere i servizi informativi prestati dalla banca dati. L'accesso limitato dovrebbe essere consentito solo a coloro che hanno un titolo di legittimazione specifico. La rettifica dovrebbe essere consentita ad ogni cittadino per le notizie che lo riguardano: la legge n.121 del 1/4/1981 consente un diritto simile limitato solo al caso in cui il cittadino ne venga a conoscenza nel corso di un procedimento giudiziario. Altre fonti di informazione Una fonte notevole è costituita da archivi pubblici, cioè dagli archivi di Stato e dagli archivi correnti della pubblica amministrazione.

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